La gioia del Vangelo. Omelia per Santa Rita 2017

La gioia del Vangelo.

SANTA RITA 22 maggio 2017

I.

«La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù». (EG,1)

Queste prime parole, che aprono l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii Gaudium, ho voluto che facessero da guida per la mia prima festa patronale.

Sono parole che, anzitutto, ridicono a ciascuno di noi che «Coloro che si lasciano salvare da [Gesù] sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vu

oto interiore, dall’isolamento» (ibid.). Infatti, sottolinea papa Francesco che, «con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia». (ibid.)

Esse fanno, poi, eco a quelle che ho scelto 11 anni per la mia ordinazione presbiterale, ma che ho voluto ripreso, venendo tra voi lo scorso 11 settembre: «Collaboratori della vostra gioia», tratte dal I capitolo della II lettera ai Corinzi, la cui citazione completa è questa: «Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete già saldi». (2Cor 1,24)

E riprendono, infine, il titolo che ho dato a questa celebrazione, che vorrei diventasse, ogni anno, la sintesi e il rilancio per la ripartenza di un anno pastorale. Dice il papa, infatti: «I cristiani hanno il dovere di annunciare [il vangelo] senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione». (EG,14)

Come dobbiamo fare?

II.

Il vangelo, appena proclamato, ci indica tre condizioni, perché si realizzi tutto questo: rimanere uniti alla vite, lasciarci potare, portare frutto.

  1. La prima condizione consiste, nel rimanere legati al tronco vivo e vivificante, che è lo stesso Cristo Gesù. L’immagine così semplice evocata nell’allegoria della vigna diventa suggestiva quando pensiamo che essa vuole tradurre il legame senza eguali che si deve stabilire tra ciascuno di noi e Dio e, di conseguenza, tra noi tutti, raccolti attorno a Lui. Questa è la realtà. Noi viviamo il nostro Battesimo da dieci, da venti, da quaranta, da sessanta, da ottant’anni può darsi. E forse, mai abbiamo pensato alla realtà prodigiosa, sconvolgente nella sua stessa semplicità, della unione esistenziale che ci lega a Cristo come il tralcio è fissato alla vite.

Come dice papa Francesco: «Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore» (EG,3).

  1. Ma non è sufficiente rimanere legati alla vite. Ecco la seconda condizione. Un tralcio che cresce da solo cresce troppo velocemente, perché si sviluppa tutto nelle foglie e produce poco. Infatti, «ogni tralcio che non porta frutto, il Padre mio lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto» (cf Gv 15,2). L’intenzione è chiara: Dio ci pota e ci taglia. Quando dobbiamo affrontare una rottura, una privazione, una rinuncia, immaginiamo facilmente e prevediamo quanto possa essere difficile e ferirci. Ma la vita ci insegna presto che chi non si rifiuta nulla e rifiuta invece alla Parola di Dio di purificarlo, non produce che l’ombra delle sue foglie o l’illusione della sua legna secca. Al contrario, quando la sofferenza ci ha purificato, quando una attesa paziente ci ha permesso di mettere radici, allora esperimentiamo, quali frutti di giustizia e di pace una tale potatura ha prodotto in noi (cf Eb 12,11).

Come ancora sottolinea il papa nella sua esortazione: «Chi rischia, il Signore non lo delude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte. Questo è il momento per dire a Gesù Cristo: Signore, mi sono lasciato ingannare, in mille maniere sono fuggito dal tuo amore, però sono qui un’altra volta per rinnovare la mia alleanza con te. Ho bisogno di te. Riscattami di nuovo Signore, accettami ancora una volta fra le tue braccia redentrici» (EG,3)

  1. Infine, terza e ultima condizione: «In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto». (cf Gv 15,8).La gloria di Dio non è l’uomo sterile, ma è l’uomo vivente. E l’uomo vivente è l’uomo spirituale, quello cioè che porta i frutti dello Spirito: che sono «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (cf. Gal 5, 22). Non frutti che muoiano, ma frutti che rimangano; non opere di morte che fanno arrossire, ma opere di vita scritte puntualmente, ci dice l’Apocalisse, nel Libro della Vita (cf Ap 13,8; 21,27).

Come di nuovo ci dice il papa: «Insisto ancora una volta: Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia. Colui che ci ha invitato a perdonare «settanta volte sette (Mt 18,22) ci dà l’esempio: Egli perdona settanta volte sette. Torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile. Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia. Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada. Nulla possa più della sua vita che ci spinge in avanti!» (EG,3)

III.

Mettiamoci allora tutti alla scuola di Santa Rita: la sua adesione al Signore crocifisso e risorto l’ha resa capace di “portare frutto”. Questo è il messaggio che ci affida oggi la Santa di Cascia: Cristo vuole che noi siamo “uno in lui” fino a divinizzarci, fino a che lui possa porre in noi la sua dimora e rendere la nostra vita feconda di frutti. Con Santa Rita allora preghiamo infine: Signore, rimani con noi! E insegnaci e aiutaci a rimanere con te. Amen.