La luce in fondo al tunnel. Omelia per l’epifania

Nella solennità dell’Epifania, la Chiesa continua a contemplare il mistero della nascita del Salvatore. In particolare, oggi ne si sottolinea il significato universale: Dio, facendosi uomo nel grembo di Maria, è venuto non solo per il popolo d’Israele, rappresentato dai pastori di Betlemme, ma anche per l’intera umanità, rappresentata dai Magi (Mt 2,1-12).
Costoro erano dei sapienti, che scrutavano il cielo, non per leggere negli astri il futuro, ma per cercare nella loro luce tracce della Verità. Erano certi che nella creazione esistesse la “firma” di Dio, che l’uomo può e deve tentare di scoprire e di decifrare. Questo loro desiderio si possa ben vedere, soffermandoci su ciò che questi uomini trovarono nel loro cammino, così da trarne un insegnamento per noi oggi.
Il re Erode
Anzitutto incontrano il re Erode, un uomo di potere, che nell’altro, uomo o Dio che sia, non riesce a vedere altro che un rivale da combattere. Dio è un rivale particolarmente pericoloso per la sua sete di potere, che gli impedisce di fare tutto ciò che si vuole. Di fronte a questa prima figura, possiamo domandarci: non solo se anche noi vediamo Dio come una sorta di rivale, ma anche noi un ostacolo alla nostra realizzazione personale, vedendo nei limiti connaturati alla nostra condizione di creature, solo degli ostacoli da superare costi quel che costi. I risultati di questa ingordigia sono sotto i nostri occhi: ciechi davanti ai suoi segni, sordi alle sue parole, abbiamo trasformato le nostre relazioni con tutto ciò che ci circonda in un deserto, pagandone tutti le conseguenze. Papa Francesco, in quella memorabile preghiera in piazza San Pietro a marzo dello scorso anno, ce lo ha ricordato: «Siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo trovati su una stessa barca fragili e disorientati, ma allo stesso tempo importanti e necessari, chiamati a remare insieme e a confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti. E ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo. Ma solo insieme. Nessuno si salva da solo». (27 marzo 2020).
I Sapienti di Gerusalemme
I Magi incontrano poi gli studiosi. Per costoro le Scritture erano però diventate una specie di atlante da leggere solamente con curiosità, un insieme di parole e di concetti da esaminare e su cui discutere dottamente. Benedetto XVI, nell’omelia di inizio pontificato, ricordava a tutti, il vero significato del Vangelo che è Gesù Cristo, dicendo: «Chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera» (24 aprile 2005).
La stella
E veniamo così ad un terzo segno del racconto: la stella. Lungo i secoli questo segno è stato oggetto di discussione tra gli astronomi, ma le conclusioni che hanno tratto non ci guidano però a ciò che è essenziale per capire questo segno. Dobbiamo riandare al fatto che i Magi cercavano le tracce di Dio; ma, da uomini saggi, sapevano pure che non è con un telescopio qualsiasi, ma con gli occhi profondi della ragione alla ricerca del senso ultimo della realtà e con il desiderio di Dio mosso dalla fede, che è possibile incontrarlo. Anzi, all’inverso: si rende possibile che Dio si avvicini lui a noi. Se avremo questo sguardo, vedremo anche che Colui che ha creato il mondo e Colui che è nato in una grotta a Betlemme e Colui che continua ad abitare in mezzo a noi nell’Eucaristia, sono lo stesso Dio vivente, che ci interpella, che ci ama, che vuole condurci alla vita eterna. San Giovanni Paolo II, nella sua ultima enciclica Ecclesia de Eucharistia, ha ribadito: «Nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini. Perciò lo sguardo della Chiesa è continuamente rivolto al suo Signore, presente nel Sacramento dell’Altare, nel quale essa scopre la piena manifestazione del suo immenso amore» (EdE,1)
La città di Gerusalemme e il villaggio di Betlemme
Ma seguiamo ancora per un istante il cammino dei Magi, che giungono a Gerusalemme. Sopra la grande città la stella sparisce, non si vede più. Anche in questo caso dobbiamo leggere il segno in profondità. Per quegli uomini era logico cercare il nuovo re nel palazzo reale. Ma, probabilmente con loro stupore, dovettero constatare che quel neonato non si trovava nei luoghi del potere e della cultura, anche se in quei luoghi venivano offerte loro preziose informazioni su di lui. Si resero conto, invece, che, a volte, il potere, anche quello della conoscenza, sbarra la strada all’incontro con quel Bambino. La stella li guidò allora a Betlemme, una piccola città; li guidò tra i poveri, tra gli umili, per trovare il Re del mondo. I criteri di Dio sono differenti da quelli degli uomini. Dio non si manifesta nella potenza di questo mondo, ma nell’umiltà del suo amore, quell’amore che chiede alla nostra libertà di essere accolto per trasformarci e per renderci capaci di arrivare a Colui che è l’Amore.
La Pasqua
Così ci appare ben chiaro anche un ultimo elemento importante della vicenda dei Magi: il linguaggio del creato ci permette di percorrere un buon tratto di strada verso Dio, ma non ci dona la luce definitiva, quella “in fondo al tunnel” delle nostre ricerche. Alla fine, per i Magi è stato indispensabile ascoltare la voce delle Sacre Scritture: solo esse potevano indicare loro la via. È la Parola del Cristo Risorto la vera stella, che, nell’incertezza dei discorsi umani, ci offre l’immenso splendore della verità divina. Fu così per i discepoli di Emmaus che, travolti e sconvolti da eventi di morte, lasciavano delusi la grande città. Ma il Risorto si mise accanto a loro, rimproverandoli: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24, 25-27). I discepoli uscirono trasformati da quel colloquio e si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture? E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro,  i quali dicevano: Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone» (Lc 24,32-34). È per questo che la Chiesa annuncia in questo giorno solennemente la Pasqua, il passaggio dalla morte alla vita, dalla cecità alla luce, quella «la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Lasciamoci guidare da questa luce, che è Cristo Risorto. Questa è la vera luce “in fondo al tunnel”, in cui oggi siamo ancora immersi. Il vaccino farà molto ma non tutto; è un luce che ci garantirà la salute, ma non la salvezza. Occorrerà richiamare la luce della Resurrezione, per poter ricostruire tante cose. Seguiamola nella nostra vita, camminando con la Chiesa, dove la Parola ha piantato la sua tenda. La nostra strada sarà sempre illuminata da una luce, che nessun altro segno può darci. E potremo anche noi diventare stelle per gli altri, riflesso di quella luce che Cristo ha fatto risplendere su di noi.
Buona Festa a tutti!
Padre Marco