Il massacro delle Foibe e il “Silenzio di Stato”

Secondo i dizionari della lingua italiana, le foibe sono un fenomeno geologico tipico del paesaggio carsico e, in particolare, indicano le fenditure, a volte profonde anche alcune decine di metri, che si «aprono sul fondo di una dolina o di una depressione del terreno e che l’erosione millenaria delle acque ha scavato nella spugna della roccia in forme gigantesche e profonde». Nella mente degli abitanti della Venezia Giulia tale termine evoca invece il dramma vissuto da quelle popolazioni di confine all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, quando nei mesi di maggio-giugno del 1945 migliaia di italiani furono «infoibati» dall’esercito di Tito e dai partigiani iugoslavi, che avevano occupato quella regione (che era parte del Regno d’Italia) con l’intento di annetterla alla nuova Repubblica Socialista di Iugoslavia. In realtà, delle migliaia di italiani trucidati dai titini soltanto una parte furono di fatto «infoibati», mentre la maggior parte di essi morirono — per fame, per malattia o in seguito alle violenze o ai maltrattamenti subiti — nei campi di concentramento iugoslavi o, semplicemente, furono uccisi dai soldati (o dai partigiani comunisti) durante le operazioni di raccolta o di trasporto verso quei terribili campi di morte. Continua la lettura dell’articolo di di Giovanni Sale in “La Civiltà Cattolica” (Quaderno 3688, 21 Febbraio 2004)