Il tempo di Pasqua: significato e liturgia

Culmine e fonte dell’Anno liturgico è il «Triduo Pasquale del Signore Crocifisso e Risorto». Da esso, come afferma l’annuncio del giorno di Pasqua, scaturiscono tutti gli altri giorni santi e anche il tempo pasquale.

Il tempo di Pasqua era chiamato alle origini «Laetissimus spatium», cioè il tempo più felice e bello. L’Epistula Apostolorum, testo apocrifo, è il primo documento che parla di questo periodo come di un tempo in cui si va verso la Parusia. Da altri autori viene descritto come un periodo solenne, una festa continua in cui si celebrava ogni giorno l’eucarestia, non ci si metteva in ginocchio, si cantava l’alleluia e non si digiunava. Nell’attuale calendario il tempo pasquale ha la durata di cinquanta giorni, dalla domenica di Pasqua fino a Pentecoste: «I cinquanta giorni che succedono dalla domenica di Risurrezione alla domenica di Pentecoste si celebrano nell’esultanza e nella gioia come un solo giorno di festa, anzi come “la Grande Domenica”» (NGALC n. 22). Altra novità che troviamo nell’Ordinamento del Calendario è che l’intero periodo, dal suo inizio al suo compimento, è detto pasquale e le domeniche che si susseguono sono denominate domeniche di Pasqua e non, come in precedenza, domeniche dopo Pasqua. Anche il significato dei giorni è specificato nella Colletta della messa vigiliare di Pentecoste: «Dio… che hai racchiuso la celebrazione della Pasqua nel tempo sacro dei cinquanta giorni»…

Il tempo pasquale comprende: l’Ottava di Pasqua, l’Ascensione che cade il quarantesimo giorno e la Pentecoste.

L’Ottava è stata conservata per il suo legame storico con la settimana mistagogica o d’iniziazione per coloro che avevano ricevuto il battesimo durante la veglia pasquale. L’organizzazione delle letture è completamente rinnovata, rispetto al messale precedente. In questi cinquanta giorni si leggono gli Atti degli Apostoli, il Vangelo e le lettere di Giovanni, la prima di Pietro e l’Apocalisse. I testi eucologici (Collette, Prefazi, ecc.) e il lezionario mettono in risalto alcune caratteristiche proprie di questo tempo: tempo di Cristo, dello Spirito, ecclesiale ed escatologico.

In esso è evidente la centralità del mistero del Cristo crocifisso e risorto, per il fatto stesso che «Cristo, nostra pasqua, è stato immolato» (1 Cor 5,7). Egli sostituisce, ormai, l’agnello dell’antico testamento: «È lui il vero agnello che ha tolto i peccati del mondo, è lui che morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita» (Prefazio I). «In lui, vincitore del peccato e della morte, l’universo risorge e si rinnova, e l’uomo ritorna alle sorgenti della vita» (Prefazio IV). La vita dell’uomo e del mondo compie in Cristo, risorto dalla morte, un salto qualitativo.

Altra caratteristica del tempo pasquale, in particolare nella Liturgia delle Ore, è la connotazione pneumatologica, che evidenzia l’azione dello Spirito. In particolare l’eucologia della messa e i testi dell’ufficio, nella VII settimana che precede la Pentecoste, hanno un chiaro riferimento allo Spirito Santo: «Venga su di noi, o Padre, la potenza dello Spirito Santo» (lunedì); «Padre onnipotente e misericordioso, fa’ che lo Spirito Santo venga ad abitare in noi…» (martedì).

Nel tempo pasquale inoltre si sottolinea la dimensione ecclesiale: l’immagine della Chiesa emerge in relazione allo Spirito in vari testi. Lo Spirito raduna la Chiesa: «Dona alla Chiesa, radunata dallo Spirito Santo…», (Colletta, mercoledì VII settimana); lo Spirito raduna in unità la comunità dei salvati: «Fa’ che i popoli dispersi si raccolgano insieme e le diverse lingue si uniscano» (Colletta della messa nella vigilia di Pentecoste); lo Spirito introduce al mistero della vita in Cristo: «Agli albòri della Chiesa nascente hai rivelato a tutti i popoli il mistero nascosto nei secoli» (Prefazio di Pentecoste).

In alcune orazioni, inoltre, viene messa in risalto un’altra peculiarità: la Parusia. Più volte si afferma che la morte e resurrezione di Cristo ci hanno aperto le porte del paradiso e la partecipazione ai sacramenti pasquali orienta la comunità verso la pasqua eterna: «Fa’ che mediante la liturgia pasquale che celebriamo nel tempo possiamo giungere alla gioia eterna» (mercoledì dell’Ottava); «nella pasqua del tuo Figlio hai ristabilito l’uomo nella dignità perduta  e gli hai dato la speranza della risurrezione» (mercoledì II settimana).

Il tempo pasquale è un tempo privilegiato per la mistagogia: «La comunità insieme con i neofiti prosegue il suo cammino nella meditazione del Vangelo, nella partecipazione all’Eucaristia e nell’esercizio della carità, cogliendo sempre meglio la profondità del mistero pasquale e traducendolo sempre più nella pratica della vita» (RICA n 37). In questo tempo possiamo intravedere una corrispondenza tra la Pasqua di Cristo e la nostra pasqua. Fonte e roccia della nostra fede è il mistero del Signore Crocifisso Risorto, a noi partecipato attraverso i sacramenti dell’Iniziazione cristiana.