Annunciazione del Signore, guida alla festa che “inaugura” il Natale

Nella Solennità dell’Annunciazione del Signore si ricorda il momento in cui nella città di Nazareth l’angelo del Signore diede l’annuncio a Maria: «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo», e Maria rispondendo disse: «Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola». E così, compiutasi la pienezza dei tempi, Colui che era prima dei secoli, l’Unigenito Figlio di Dio, «per noi uomini e per la nostra salvezza si incarnò nel seno di Maria Vergine per opera dello Spirito Santo e si è fatto uomo», come si recita nel Credo.

Perché si chiama Annunciazione?

Il nome è dato in riferimento all’annunzio dell’angelo Gabriele a Maria circa la nascita del Messia, secondo il racconto del Vangelo di Luca. Considerata l’importanza di questo annunzio, che si colloca al centro della storia della salvezza, cioè nella “pienezza del tempo”, la Vergine di Nazaret diviene l’Annunziata. Questo appellativo passa poi in vari campi della storia, della fede e della cultura. Dall’onomastica, dove il nome è declinato al femminile e al maschile (Annunziata, Annunziato o Nunzio), alla designazione dei membri di alcuni istituti religiosi, come le Annunziate (o Annunziatine) di Lombardia organizzate a Pavia (1408), le Annunziatine celesti o turchine, fondate a Genova nel 1602 dalla beata Maria Vittoria Fornari. In numismatica esisteva l’Annunziata, moneta d’argento del valore di 14 soldi e l’Annunziata piccola o Nunziatina del valore di 7 soldi, ambedue coniate da Ferrante II Gonzaga, duca di Guastalla (morto nel 1630). L’Ordine cavalleresco della casa di Savoia, istituito nel 1364 da Amedeo VI, come Ordine del Collare, viene denominato da Carlo III, nel 1518, Ordine dell’Annunziata, insigne onorificenza, riservata a personaggi di alta benemerenza; l’Ordine non è più riconosciuto dalla Repubblica italiana.

Perché si festeggia il 25 marzo?

I nove mesi tra la concezione e la nascita di Gesù spiegano la data del 25 marzo rispetto alla solennità del 25 dicembre del Natale del Signore. Calcoli eruditi e considerazioni mistiche fissavano ugualmente al 25 marzo l’evento della prima creazione e della rinnovazione del mondo nella Pasqua. Cadendo comunque nel periodo di Quaresima, la data di questa solennità in alcuni anni viene trasferita. Questo avviene quando il 25 marzo cade nella Settimana santa (ad esempio, nel 2013 e nel 2016), nella Settimana di Pasqua o coincide con una Domenica di Quaresima (nel 2012) o di Pasqua (nel 2008).

Quali sono le origini storiche di questa festa?

Le ricerche storiche stabiliscono che essa è sorta all’interno della celebrazione del Natale, come conseguenza o come preparazione. È certo che “nella prima metà del VI secolo, la Chiesa di Costantinopoli celebra con solennità l’Euaggelismòs (Annunciazione) il 25 marzo”, ciò si trasferirà a Roma e nella Spagna nel secolo seguente, sennonché nel 656 il concilio di Toledo istituisce la festa mariana del 18 dicembre. In tal modo si perde la correlazione cronologica con il Natale e con l’idea che l’Incarnazione, come la creazione del mondo, venga a coincidere con l’equinozio di primavera. Nel Medioevo il giorno dell’Annunciazione è in molti luoghi l’inizio dell’anno civile e punto di riferimento per la numerazione degli anni. Poi s’impose il Natale come inizio dell’era cristiana. Nel 1972 il Messale di Paolo VI nomina la festa come Annunciazione del Signore e ne dota la celebrazione di un ricco formulario; ma nell’esortazione apostolica Marialis cultus (1974) la interpreta come “festività di Cristo e insieme della Vergine”.

Qual è il significato biblico e teologico?

Sotto il profilo biblico l’Annunciazione è interpretata dagli esegeti secondo alcuni schemi di comprensione, che ne evidenziano il significato teologico:

1. Annuncio di nascita meravigliosa che, sulla scia di quelli offerti dall’Antico Testamento, evidenzia il significato cristologico dell’annuncio a Maria. Il suo contenuto centrale è senza dubbio Cristo, oggetto di tutto il Vangelo, qui annunciato in due tempi: innanzitutto come Messia davidico che regnerà per sempre, poi come Figlio di Dio generato verginalmente nel grembo di Maria mediante lo Spirito.

2. Annuncio di vocazione, in quanto contiene gli elementi strutturali dei racconti di missione a favore del popolo di Dio (saluto, turbamento, primo messaggio, difficoltà, secondo messaggio, segno, consenso) e mette in rilievo la persona di Maria chiamata a entrare nel dialogo tra Dio e l’umanità mediante una risposta di fede esemplare e l’opera materna per la nascita del Figlio di Dio nella condizione umana.

3. Schema d’alleanza, avanzato dall’esegeta A. Serra, in quanto il racconto si snoda secondo il modello letterario dell’alleanza conclusa tra Dio e Israele sul Monte Sinai. Infatti nella risposta di Maria “Sono la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola” (Luca 1, 38), si avverte l’eco della formula con cui il popolo dava il suo assenso all’alleanza nell’Antico Testamento: “Serviremo il Signore” e “faremo tutto quello che Jahvè ci ha detto”. Dal punto di vista teologico l’Annunciazione è legata all’Incarnazione, che costituisce uno dei due misteri principali della fede cristiana insieme alla Trinità.

Nella storia dell’arte come è stata raffigurata l’Annunciazione?

Il tipo dell’Annunziata è reso famoso da un quadro di Antonello da Messina (1474), che percorre in infinite variazioni tutti i secoli. Possiamo affermare che si tratta del tema preferito dagli artisti cristiani, a cominciare dall’ignoto pittore delle catacombe di Priscilla che raffigura la Vergine seduta in trono e il messaggero in piedi (III secolo). Nell’arco trionfale di Santa Maria Maggiore a Roma (432-440) il mosaicista rappresenta la Vergine vestita da principessa, mentre però lavora il filo di porpora secondo il racconto degli apocrifi; in alto l’angelo in volo verso di lei è raffigurato come una Nike annunciatrice di vittoria. Nel VI secolo avvengono dei cambiamenti: Maria passa da sinistra a destra risultando enfatizzata perché punto d’arrivo del movimento dell’occhio, inoltre da seduta comincia a essere raffigurata in piedi in atto di parlare, per esempio, nella miniatura del Codice di Rabbula (VI secolo). Nel Medioevo la Vergine si trasforma in orante e al posto del fuso regge in mano il libro del salterio o della Parola di Dio, oppure – come avviene nella cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto (1305) – sia Maria che l’angelo sono in ginocchio. Inoltre incominciano a comparire le persone della Trinità: il Padre, lo Spirito e il Verbo in forma di piccolo bambino. Nel mosaico di Pietro Cavallini in Santa Maria in Trastevere (1291) alla sommità della scena si scorge il volto del Padre e in una scia che parte da lui emerge la colomba simbolo dello Spirito. L’iconografia ha espresso la libertà della fanciulla di Nazaret attraverso il gesto delle mani di Maria di fronte all’angelo, che rivolte col palmo verso l’esterno, indicano l’iniziale turbamento; se, al contrario, sono ripiegate sul petto, esprimono il consenso. Il motivo delle braccia incrociate in atto di preghiera, già presente in Giotto e in Bernardo Daddi (1330), diviene abituale nelle varie raffigurazioni intensamente mistiche del Beato Angelico (m. 1455). Con il susseguirsi dei secoli cambia pure l’ambiente della scena: se Jan van Eyck la colloca all’interno di una chiesa gotica in piena atmosfera sacrale (prima metà del XV secolo), Leonardo la situa in un meraviglioso giardino rinascimentale, dove non manca un capitello della romanità classica (ca. 1472). Con Crivelli l’Annunciazione assume una dimensione pubblica, con la presenza accanto all’angelo di sant’Emidio, che sorregge la città di Ascoli assurta da poco a città autonoma per concessione di Sisto IV (1482). Nel Rinascimento il “bastone viatorio” o “scettro di Gabriele” si tramuta in elementi vegetali simbolici: un ramoscello d’ulivo nella famosa Annunciazione di Simone Martini (1333) o un giglio nel Codice miniato di Chantilly (1411-16), che tanti artisti posteriori preferiranno, come Filippo Lippi (1445) e Botticelli (1489). Talvolta l’angelo reca in mano una palma, come si vede in un pannello della Maestà di Duccio (1308-11), ma allora si tratta dell’ultima annunciazione fatta a Maria tre giorni prima della sua Dormizione. Dopo l’inondazione di luce della dimora della Vergine con l’ingresso di Gabriele accompagnato da una schiera di angeli, che caratterizza l’Annunciazione di Tintoretto (1583-87), di El Greco (1596-1600) e di Guido Reni (1631-32), i preraffaelliti con Dante Gabriele Rossetti (1850) riportano Maria sulla terra, anzi nel suo letto dove la sorprende il messaggero celeste, oppure la collocano biancovestita su una stuoia e su un tappeto orientale (James Tissot, 1895). Infine, l’astrattismo rappresenta l’evento con il solo accostamento di colori (Gerhard Richter nel 1973 e Brice Marden nel 1978).

Esiste la casa dell’annunciazione?

 Una tradizione antichissima identifica la casa di Maria, in cui avvenne l’Annunciazione, con la grotta che oggi si trova nella cripta della Basilica dell’Annunciazione a Nazaret. La casa era costituita da una parte scavata nella roccia (la grotta) e una parte costruita in muratura. Quest’ultima rimase a Nazaret fino alla fine del XIII secolo, quindi venne trasferita prima a Tersatto (Trsat, Croazia) e dopo a Loreto, nelle Marche, in quanto la rioccupazione della Terrasanta da parte dei musulmani faceva temere per la sua conservazione. Secondo la tradizione, essa fu miracolosamente portata in volo da alcuni angeli (perciò la Madonna di Loreto è venerata come patrona degli aviatori). Dai documenti dell’epoca risulta che in realtà il trasporto, avvenuto per nave tra il 1291 e il 1294, fu opera della famiglia Angeli Comneno, un ramo della famiglia imperiale bizantina. La Santa Casa, come essa è chiamata, si trova tuttora all’interno della Basilica di Loreto, ed è continuamente visitata da numerosi pellegrini.

Fonte Famiglia Cristiana