Fraternità sociale: punto di partenza e di arrivo della transizione ambientale

«Pensate almeno ad una persona, ad una persona vicina a voi che nel 2030 sarà ancora viva… e pensate a come questa persona dovrà vivere se noi non rispettiamo il limite di 1.5 gradi». Con queste parole, all’indomani della fine della ventiseiesima conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite (COP26), il vicepresidente dell’UE, Frans Timmermans, cercava di dare forza ai 40.000 delegati di tutto il mondo che si trovavano a Glasgow per discutere quali policy ed impegni assumere per limitare il surriscaldamento globale. Ad un mese dalla fine della grande conferenza sul clima organizzato dalle Nazioni Unite, e a poche settimane dall’inizio del 2022, la transizione ecologica sembra ancora lontana. Negli ultimi anni, la mancanza di un approccio integrale, sistemico e cooperativo volto ad affrontare la crisi ambientale ha portato a soluzioni frammentarie, di efficacia limitata e insufficienti a contenere l’innalzamento delle temperature, l’inquinamento e la povertà energetica. La transizione “green” è ancora troppo lontana. La successione sempre più frequente di eventi climatici estremi e inaspettati sottolinea l’urgenza e la necessità di cambiare passo nella lotta al cambiamento climatico prima che sia troppo tardi, evitando di raggiungere il cosiddetto “tipping point” – il punto di non ritorno – dopo il quale le conseguenze dell’innalzamento delle temperature saranno catastrofiche e irreversibili. Non ci sarà, però, nessun cambio di passo senza un’apertura verso «categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’umano» e della sua relazione con l’ambiente – la “casa comune” – come ricordato da papa Francesco.