Per un sacerdozio santo. Lettera alla comunità parrocchiale all’inizio del nuovo anno pastorale

Cari amici,

all’inizio del nuovo anno pastorale, il terzo per me in questa comunità, vorrei rivolgermi a voi tutti, con questa lettera, che ho pensato di intitolare “per un sacerdozio santo”, riprendendo, commendatoli, cinque versetti della prima lettera di Pietro, che ci faranno da guida in questo prossimo tempo.

Scrive l’apostolo: «Allontanato, dunque ogni genere di cattiveria e di frode, ipocrisie, gelosie e ogni maldicenza, come bambini appena nati desiderate avidamente il genuino latte spirituale, grazie al quale voi possiate crescere verso la salvezza, se davvero avete gustato che buono è il Signore. Avvicinandovi a Lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi quali pietre vive siete costruiti come edificio spirituale, per un sacerdozio santo, che offre sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo». (1Pt 2,1-5).

I.
Pietro esige come premessa che si realizzino in ciascuno di noi tre condizioni fondamentali, espresse molto chiaramente: la prima è la rottura completa col male (Allontanato, dunque ogni genere di cattiveria e di frode, ipocrisie, gelosie e ogni maldicenza); la seconda è l’invito ad alimentarci quotidianamente con un cibo sostanzioso, la Parola di Dio, accolta con grande appetito spirituale (come bambini appena nati desiderate avidamente il genuino latte spirituale, grazie al quale voi possiate crescere verso la salvezza); la terza ed ultima è costituita da una relazione personale con il Signore, prendendo consapevolezza che Lui ci ha amato per primo (se davvero avete gustato che buono è il Signore).
Se la prima delle richieste che fa l’apostolo è chiara e non ha bisogno di tante specificazioni – ognuno di noi sa dove deve tagliare col il peccato – meritano un approfondimento le altre due sollecitazioni, che si collegano alle parole che seguono: «Avvicinandovi a Lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi quali pietre vive siete costruiti come edificio spirituale, per un sacerdozio santo, che offre sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo».

II.
Dunque, «Avvicinandovi a Lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi quali pietre vive siete costruiti come edificio spirituale».  Che cosa significano queste parole?
Consideriamo che la vita cristiana ci mette quotidianamente in contatto con la Pasqua del Signore. Di più. Viene ribadito dall’apostolo che non si può pensare di escludere dalla propria vita cristiana la croce, conseguendo immediatamente la resurrezione. Lo è stato, infatti, per Cristo: è la pietra viva, che rifiutata dagli uomini, è stata invece scelta ed è divenuta preziosa davanti a Dio. Questo si è realizzato nel Mistero pasquale. Così sarà per noi: vivendolo quotidianamente, potremo diventare Pietre vive, inserite in un edificio spirituale. Ora, il corpo di Cristo risorto è corpo spirituale, ha cioè la capacità di accogliere tutti i credenti come membra del Suo corpo glorioso, così che ogni loro azione diventi un’offerta di sacrifici spirituali graditi a Dio.

III.
Sacrificare significa, secondo l’etimo sacrum-facere, rendere santo. E chi rende tale ogni persona, se non lo Spirito Santo? Siamo, infatti, pienamente consapevoli che, con le sole nostre forze, nulla possiamo. Se, invece, siamo docili al nostro Maestro Interiore, lo Spirito, donatoci col Santo Battesimo, allora, tutto diventerà santificato; anche le molestie, più o meno grandi, che la vita inevitabilmente ci arreca, potranno diventare un’occasione propizia di crescita, se indirizzate in questa prospettiva di sacrificio spirituale.
Ma al centro di tutto deve esserci la relazione con il Signore, in particolare nell’Eucarestia, adorata e ricevuta, che ci offre il massimo di questo incontro! Nella Messa c’è tutto Lui: il Suo corpo, il Suo sangue, la Sua anima, la Sua divinità. Infatti, celebrare l’Eucaristia significa ogni volta scommettere su Gesù Cristo in mezzo a tutti i problemi del mondo e della Chiesa. Celebrare l’Eucaristia significa compromettere noi stessi e tutto il mondo delle nostre conoscenze, attività, relazioni, responsabilità, sofferenze e speranze. Poiché tutta la creazione e tutta la storia portano il segno incancellabile della croce di Cristo tra sconfitta e vittoria, tra dolore e speranza, tra morte e vita. Celebrare l’Eucaristia vuol dire riconoscere questo segno nel quotidiano della nostra vita. Diventiamo, comunicando al Santissimo mistero ivi racchiuso, consanguinei di Dio attraverso il dono che il Figlio Suo fa di se stesso (ve lo dissi – se ricordate – commentando il capitolo VI dell’evangelista secondo Giovanni letto in queste domenica estive). Così come avviene anche negli altri sacramenti. Lo scorso anno vi scrissi che occorreva ripartire da Dio: anche quest’anno ritorna questo imperativo dolcissimo! Che possiamo essere parte con lui e di lui! Cristifichiamoci per ottenere già in questa terra il pegno dell’immortalità futura!

IV.
Riassumendo tutto il ragionamento fatto, l’apostolo Pietro ci scrive che siamo tutti chiamati ad esercitare questo sacerdozio santo.  Come il nostro amato vescovo Franco Giulio ci ha già indicato nel percorso sinodale, occorre diventare pietre vive che, in questa Novara ormai post cristiana, rendano di nuovo visibile la presenza operante dello Spirito Santo, al fine di costruire quell’edificio spirituale, di cui parla l’apostolo. Quali pietre vive siamo, perciò, invitati a riprendere consapevolezza degli impegni del nostro battesimo, per evangelizzare con il nostro stile di vita le persone che ci vivono accanto. Cominciando, innanzitutto, da noi stessi, dalle nostre famiglie e via via da tutte gli altri che incontriamo nel quotidiano. Noi tutti, ma insieme, anche se a diverso titolo: io, ordinato per un sacerdozio ministeriale, voi, inseriti nella chiesa per un sacerdozio battesimale. Ma tutti noi, pastore e gregge, siamo invitati come bambini appena natia desiderare avidamente il genuino latte spirituale, grazie al quale possiamo crescere verso la salvezza.

V.
Un’ultima nota: la nostra comunità parrocchiale renderà grazie a Dio per il dono di una vocazione di speciale consacrazione. Andrea Lovato diventerà diacono il prossimo 6 ottobre e, a Dio piacendo, prete, il 15 giugno 2019, celebrando la sua prima messa il 16 giugno. Offrirà, dunque, in Gesù Cristo, quei sacrifici spirituali graditi a Dio, di cui la Santa Messa è il più grande. Il nostro Andrea, per l’imposizione delle mani del nostro vescovo, riceverà lo Spirito Santo. Sarà impresso in lui, come in tutti i preti, in modo indelebile il sigillo sacramentale del sacerdozio ministeriale. Offrirà la sua vita in persona Christi, come si dice tecnicamente, e con essa, l’Eucarestia e tutti i sacramenti, ad essa connessi. Ci prepariamo già fin d’ora a questo grande e significativo evento per la nostra piccola comunità, con la preghiera per Andrea, le cui parole riprendo dal rituale dell’ordinazione: «Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore». Si compia in Lui e in Noi, per un sacerdozio santo!
Buon cammino!

Padre Marco Canali

Novara, 11 settembre 2018,
nel terzo anniversario del mio ingresso fra voi

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Per chi volesse approfondire: A. VANOHOYE sj, Il sacerdozio comune dei cristiani secondo san Pietro e nella Lettera agli Ebrei, AdP, 2011.