Gesù, il centro della vita di ogni discepolo. Omelia per la 13ma domenica ordinaria

1.

Il brano evangelico di oggi narra le ultime battute del discorso missionario del capitolo 10 del Vangelo di Matteo (10,37-42), con il quale Gesù istruisce i dodici apostoli nel momento in cui per la prima volta li invia in missione nei villaggi della Galilea e della Giudea. In questa parte finale Gesù sottolinea due aspetti essenziali per la vita del discepolo missionario. Sono due regole semplici da memorizzare quanto difficili da vivere.

La prima riguarda il legame del discepolo con Gesù: deve essere più forte di qualunque altro legame. La seconda, che l’apostolo non porta sé stesso, ma Gesù, e mediante Lui, mostra con la sua vita, l’amore del Padre celeste.

Questi due aspetti sono connessi, perché più Gesù è al centro del cuore e della vita del discepolo, più questo discepolo è “trasparente” alla sua presenza. Questi due elementi non possono perciò essere distinti, ma sono complementari, anzi, più che mai reciproci!

2.

Il primo legame è esclusivo: se Gesù non è al centro del tuo cuore e del tuo essere, ma rimane in posizione secondaria, difficilmente l’apostolato regge gli urti; specialmente quelli più forti, che provengono proprio dal cuore, dall’intimo di ogni persona.

Le parole di Gesù per descrivere questo legame sono molto forti e dirompenti, quasi innaturali: «Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me…» (v. 37). L’affetto di un padre, la tenerezza di una madre, la dolce amicizia tra fratelli e sorelle, tutto questo, pur essendo molto buono e legittimo, non può essere anteposto a Cristo. Non perché Gesù ci voglia senza cuore e privi di riconoscenza. Anzi! Tutto il contrario. Ma perché la condizione del discepolo esige un rapporto prioritario con colui che diviene l’amore della nostra vita.

Questo rapporto è quasi sponsale e potrebbe essere messo in relazione con il primo matrimonio della storia dell’uomo, quello di Adamo con Eva, descritto nel secondo capitolo del libro della Genesi, con le notissime parole: «Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gn 2,24), seguite dall’ammonimento evangelico: «Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi» (Mt 19,6). Dunque, il rapporto tra Gesù e il suo apostolo si potrebbe parafrasare così: per questo il discepolo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a Gesù Cristo e i due saranno una sola cosa.

3.

Chi si lascia attrarre in questo vincolo di amore e di vita così intenso con il Signore Gesù, diventa non un suo rappresentante, ma visibilizza l’essere stesso di Gesù, tanto che Gesù si spinge a dire: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato» (Mt 10,40). È questo il secondo aspetto dell’apostolato

Bisogna che la gente possa percepire che per quel discepolo Gesù è veramente “il Signore”, è veramente il Crocifisso-Risorto, è effettivamente il centro e il tutto della sua vita. Non importa se poi, come ogni persona umana, ogni discepolo ha i suoi limiti e anche i suoi sbagli, purché abbia l’umiltà di riconoscerli. L’importante è che non abbia il cuore doppio – e questo è il più grande pericolo. Per questo Gesù prega il Padre affinché i discepoli non cadano nello spirito del mondo. C’è, dunque, quella reciprocità nella missione: se tu lasci tutto per Gesù, la gente riconosce in te il Signore; ma nello stesso tempo ti aiuta a convertirti ogni giorno a Lui, a rinnovarti e purificarti dai compromessi e a superare le tentazioni.

Voglio ricordare, a riguardo di quest’ultimo aspetto, le parole di un prete, di cui sto seguendo il processo di beatificazione, che lo aveva compreso bene. Si tratta di don Giuseppe Rossi, morto martire in Valle Anzasca nel 1945. Egli scriveva così: «Mi accorgo col passar degli anni che la vita può essere monotona e noiosa, in ogni condizione: tutti i giorni sempre le stesse cose, le solite miserie, ad ogni sorgere di sole. […] La vita, però, bene intesa ha molteplici risorse, a cui attingere per alimentare di gioia e di poesia l’anima nostra: se viene vissuta come una conquista. Si ha da spezzare il cerchio ristretto in cui soffocano tante vite nella riduzione ai minimi termini: vivere per vivere, programma di chi subisce passivamente la vita. […]. La posta a cui darai le forze e i pensieri, è la tua anima, in veste di ideale modellata sul divino, saturo del bello e del buono. La salita, al cui vertice troverai te stesso formato, sarà ardua, nella prova della volontà, ma vai verso il sole». (2 marzo 1943)

Così sia anche per noi!

Buona domenica!

Padre Marco