Collaboratori della vostra gioia. Lettera alle famiglie per la festa patronale

Lettera alle famiglie per la festa patronale

Cari Amici,
nella vita della nostra santa patrona si legge che mentre Rita era novizia, la superiora le chiese di innaffiare per obbedienza una pianta secca, che si trovava nel giardino. Rita lo fece con grande umiltà giorno per giorno, cosicché la pianta riprese a vivere. Era una vite. Da allora la vite rigogliosa è diventata il simbolo dell’obbedienza e della fecondità spirituale di santa Rita. La nostra patrona, infatti – come dice il vangelo di Giovanni – unita a Gesù, vera vite, è stata ed è un tralcio che produce molti frutti (Gv 15,5).
Vorrei prendere lo spunto da questo episodio biografico di santa Rita per invitare ciascuno nel proprio stato di vita a diventare fecondo e per essere, come bene esprimono le parole di san Paolo rivolte ai cristiani di Corinto, «collaboratori della vostra gioia» (2Cor 1,24), per essere cioè cristiani testimoni: non padroni della fede altrui ma collaboratori di Gesù ad alimentarla; persone che irradiano perciò la gioia che è il Vangelo, cioè il Crocifisso-Risorto con la propria vita avanti a tutti coloro che incontrano nella vita quotidiana.
Vi rivolgo questo invito, partendo da due eventi che segneranno la festa della nostra comunità cristiana santaritese.

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Il primo evento è il 50mo di ordinazione presbiterale del nostro don Franco Ramella, la prima vocazione che questa parrocchia ha dato nel 1969.

Il secondo è, invece, l’ordinazione presbiterale di un giovane santaritese, don Andrea Lovato, che a distanza di cinquant’anni da don Franco, sarà ordinato prete il prossimo 15 giugno.

È un ideale passaggio di testimone, che costituisce l’anello di una catena di tanti “sì” alla chiamata del Signore, che grazie a Dio «continua a mandare operai nella sua messe». (Lc 10,2)

Entrambi, don Franco e don Andrea, sono due cristiani-testimoni, che hanno accettato con gioia la chiamata di Gesù a seguirlo nella via dei consigli evangelici.

Inoltre, come preti diocesani, sono animati da quella che si dice in gergo “carità pastorale”. Che cosa significa questa connotazione fondamentale del prete di una diocesi? Sant’Agostino, fondatore dell’ordine a cui santa Rita apparteneva, diceva di sé: «con voi sono cristiano, per voi sono vescovo e prete». Per ogni sacerdote questo “essere per” significa che la comunità cristiana può far conto su di lui. Questo “per” è stato ed è fondamentale per la vita di don Franco e lo sarà per don Andrea. Don Franco la vive già da mezzo secolo e don Andrea imparerà a farlo, giorno dopo giorno, dicendo anche lui “c’è una Chiesa che può far conto su di me”. Ecco la carità pastorale! Per entrambi, però, come per ogni sacerdote, non è solo dedizione ad un sacramento, cioè un impulso del cuore, della mente o delle emozioni: è molto di più! È una vera e propria dedicazione, come l’ha definita il nostro vescovo Franco Giulio. È, infatti, la fedeltà che perdura alla prova del tempo; è la forma del volere e della scelta; è la forma stabile della libertà, perché la fedeltà è la forma matura della libertà; è, infine, la forma della fedeltà che libera ogni sacerdote dall’improvvisazione del momento, dai capricci dei sentimenti, dal dover inventarsi da capo ogni giorno, senza togliere per questo spazio alla scioltezza, alla libertà e alla generosità rinnovata.

Perciò don Franco è stato, è, sarà «collaboratore della vostra gioia». Così per me, vostro parroco. Così anche don Andrea imparerà a farlo nel suo essere “per” tutti coloro che incontrerà nel suo prossimo ministero.

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Concludo, rivolgendo a voi tutti, cari amici, un’esortazione che, invece, ci riguarda come cristiani.
Per tutti è necessario essere «collaboratori della vostra gioia». Infatti, nel giorno del nostro Battesimo la Chiesa ci innesta come tralci nel Mistero pasquale di Gesù. Da questa radice riceviamo la preziosa linfa per partecipare alla vita divina. Come discepoli, anche noi, con l’aiuto dei Pastori della Chiesa, cresciamo nella vigna del Signore vincolati dal suo amore. È indispensabile rimanere sempre uniti a Gesù, dipendere da Lui, perché senza di Lui non possiamo far nulla.
Infatti, se non siamo segnati dalla vita sacramentale che la Chiesa ci dona, se non siamo irrigati dall’acqua viva che esce dal costato aperto di Cristo, senza questa linfa vitale che percorre la vite nel suo insieme e la fa fruttificare, si diventa dei legni secchi, privi di qualsiasi valore. Ci ammonisce bene l’episodio evangelico giovanneo, a cui fa riferimento la nota biografica di santa Rita, dalla quale siamo partiti: «Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli» (Gv15,6-8)
Ma questo diviene per ciascuno di noi anche un impegno preciso: collaborare per si estenda a tutti gli uomini la gioia del Vangelo. La nostra chiesa gaudenziana, compiuto il XXI sinodo diocesano, è in stato di formazione, attraverso uno strumento, chiamato “seminario dei laici”, che comprende anche la formazione diffusa della coscienza cristiana nel normale cammino pastorale. Come scrive il nostro vescovo nella lettera pastorale di quest’anno: «L’educazione della coscienza cristiana e la nascita di nuove vocazioni ministeriali è un’opera spirituale, perché deve lasciare spazio all’azione suadente e tonificante dello Spirito Santo. Se il nostro cuore sarà stato docile allo Spirito, potremo vedere nascere la Chiesa del terzo millennio. Essa deve essere una ripresa creativa della tradizione dei martiri, dei monaci, dei vescovi e dei cristiani del primo millennio, insieme alla nube dei santi, dei missionari, degli uomini e delle donne della carità del secondo millennio. Per meno di questo non vale la pena di percorrere le misteriose strade dello Spirito e annunciare ancora oggi e domani la gioia del Vangelo».
Proprio per questo sarà consegnata a tutti, durante le feste,la lettera pastorale di mons. Brambilla Li mandò a due a due.

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Questo, dunque, è l’augurio finale a don Franco, a don Andrea, a me, come vostro parroco, e a tutti voi, cristiani testimoni che abitate questo quartiere.
Preghiamo la nostra santa perché ci faccia giorno dopo giorno «collaboratori della vostra gioia», laddove ci il Signore ci inviterà ad essere.

Buona festa a tutti!
Vostro, padre Marco
Santa Rita 2019