Il Messale Romano di san Paolo VI: Testimonianza di una fede immutabile e di una tradizione ininterrotta

Ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario dell’adozione da parte della Chiesa del Missale Romanum riformato a norma dei decreti del concilio Vaticano II e promulgato dal Papa san Paolo VI. Ciò ha costituito uno dei primi e più importanti passi nel rinnovamento della Chiesa dopo il concilio. Infatti, agli esordi della riforma liturgica, nell’udienza generale del 13 gennaio 1965 san Paolo VI così si esprimeva: «È bene che si avverta come sia proprio l’autorità della Chiesa a volere, a promuovere, ad accendere questa nuova maniera di pregare, dando così maggiore incremento alla sua missione spirituale […]; e noi non dobbiamo esitare a farci dapprima discepoli e poi sostenitori della scuola di preghiera, che sta per cominciare».

Il cammino che ne è seguito è stato caratterizzato dalla presa di coscienza da parte dei Papi che si sono succeduti della necessità di un rinnovamento della liturgia. Lo ricordava Papa Francesco, ai partecipanti alla 68ª Settimana liturgica nazionale in Italia (24 agosto 2017), sottolineando che «quando si avverte un bisogno, anche se non è immediata la soluzione, c’è la necessità di mettersi in moto».

Sono trascorsi più di duemila anni dalla prima Eucaristia nel Cenacolo e l’importanza di quanto lì accadde fu subito compresa dagli apostoli, i quali, in fedeltà a Colui che aveva detto loro: «Fate questo in memoria di me», consegnarono questo grande dono alle comunità cristiane. Tuttavia, le vicende legate al rito romano nei primi secoli sono irte di difficoltà. Il Liber Pontificalis, ad esempio, pur fornendo alcune indicazioni, è, secondo le parole del suo editore, padre Louis Duchesne, tanto importante quanto oscuro circa gli usi romani in quei secoli. Del resto, in tempi di polemiche esagerate e spesso male informate sulla «ermeneutica della riforma nella continuità», come coniato da Benedetto xvi nel discorso alla Curia romana per gli auguri del Natale 2005, dobbiamo prestare attenzione a ciò che è noto e, soprattutto, a quanto è trasmesso alla Chiesa dal magistero conciliare e papale in fedeltà al Signore e all’ispirazione dello Spirito Santo. Continua la lettura su L’Osservatore Romano