E’ morta madre Cànopi, abbadessa fondatrice all’Isola di San Giulio

E’ mancata questo 21 marzo madre Anna Maria Cànopi, giorno singolare , nel quale la Chiesa ricorda il Transito di san Benedetto. I funerali si svolgeranno nella Basilica di San Giulio sull’Isola lunedì 25 marzo, solennità dell’Annunciazione del Signore,  alle ore 11.

L’annuncio della Madre Abbadessa e della Comunità monastica benedettina

«E quando giungerà la sera cui segue la notte e non più l’aurora, ripetimi, Signore, la Parola quella che mi ha dato speranza ogni mattina, quella che mi ha dato pace ogni sera: “Io sono con te”» (AMC) Questa “parola” preziosa, che ha accompagnato la nostra carissima Madre Fondatrice per tutti i giorni della sua vita, ora è Lei stessa a ripeterla a noi e a tutti coloro per i quali ha pregato e si è donata a Dio, che ha amato e che l’hanno amata, trovando in Lei una sapiente guida spirituale e, ancor più, un cuore materno e misericordioso, sempre aperto ed accogliente. Nella luminosa festa del Transito del nostro Santo Padre Benedetto 21 marzo 2019 il Signore ha chiamato a Sé la sua serva buona e fedele e nostra carissima Madre M. anna Maria Cànopi osB di 87 anni di età, 56 di professione monastica e 45 di abbaziato.

Le parole del nostro Vescovo Franco Giulio

Mons. Brambilla ha rivolto un messaggio all’intera diocesi «Con viva commozione mi unisco alla preghiera della Madre Abbadessa Maria Grazia e della comunità monastica dell’abbazia Mater Ecclesiae per la morte di Madre Anna Maria Cànopi, esprimendo a nome del consiglio episcopale, del presbiterio e di tutta la Chiesa novarese profondo cordoglio. Madre Anna Maria ci lascia un’enorme eredità. In quasi mezzo secolo di abbaziato a San Giulio ha reso la piccola Isola sul nostro Lago d’Orta un centro pulsante di spiritualità, che lei, così esile e riservata, ha saputo animare con un’incredibile forza che si nutriva nel quotidiano dialogo con il Signore. Il fatto che la chiamata alla Casa del Padre sia arrivata per lei nel giorno del Transito di San Benedetto, sottolinea ancora più decisamente ciò che per noi ha rappresentato la sua scelta di dedizione completa a Dio: una testimonianza dell’Amore del Vangelo sincera e credibile per gli uomini e le donne di oggi. Secondo una regola e una spiritualità – quella del Santo patrono d’Europa – antica oltre mille anni, e che pure lei ha saputo rendere così attuale. La ricordiamo con un brano di un recente scritto per il sussidio di preghiera dei giovani della diocesi, che bene riassume il senso della sua consacrazione: Leggendo la nostra vocazione alla luce delle belle figure delle donne della Bibbia, sentiamoci noi pure invitate a partire e ad essere donne forti nella fede, pronte nell’obbedienza alla chiamata di Dio e totalitarie nell’amore, nel dono generoso ed incondizionato di noi stessi giorno per giorno, momento per momento, fino al consummatum est».

La vita di Madre Anna Maria Cànopi

Nata il 24 aprile 1931, entrò nell’Abbazia dei Santi Pietro e Paolo in Viboldone il 9 luglio 1960 avendo già alle spalle un’esperienza di responsabilità verso gli altri come assistente sociale presso un centro di tutela minorile e anche… un profondo amore alle belle lettere e alla poesia. Lasciando tutto, si consegnò come discepola a chi aveva il compito di formarla alla vita monastica nella «scuola del servizio del Signore». Le tappe si susseguirono regolarmente: il 14 aprile 1961 Rina Cànopi fu ammessa al Noviziato canonico e ricevette il nome nuovo di Anna Maria; il 13 maggio 1962 emise i primi voti, il 30 maggio 1965 i voti perpetui solenni.

Se durante gli anni di noviziato aveva svolto diversi servizi in stamperia, nel laboratorio di ricamo, in guardaroba e stireria, con la professione solenne si susseguirono ininterrottamente lavori da scrivana. La “penna” diventò il suo principale strumento di lavoro: quella penna che aveva pensato di lasciare fuori dalla clausura, il Signore gliela rimise in mano, per non togliergliela più fino agli ultimi, ultimissimi giorni. Le fu affidato il compito – richiesto dalla Curia di Milano – dello spoglio e della schedatura della corrispondenza del card. Ildefonso Schuster; poi si dedicò per l’Azione Cattolica alla preparazione dei sussidi per la catechesi; in seguito, la Conferenza Episcopale Italiana chiese la collaborazione alla revisione della nuova versione della Bibbia e alla preparazione dei nuovi libri ufficiali della sacra Liturgia.

Arriviamo così al 1973: l’anno della chiamata nella chiamata. Rispondendo alla richiesta rivolta alla comunità monastica di Viboldone dal vescovo di Novara, mons. Aldo Del Monte, di fondare un monastero sull’Isola San Giulio, per custodire e vivificare l’antichissimo patrimonio di fede, con altre cinque sorelle, per fede, partì dall’amata Abbazia e approdò alla sperduta isoletta, allora quasi deserta. Era l’11 ottobre e il nascente monastero fu dedicato a Maria, «Mater Ecclesiæ», titolo mariano introdotto da san Paolo VI durante il Concilio Vaticano II. Il giorno successivo, alla presenza del vescovo mons. Del Monte, venne eletta Priora e iniziò quell’avventura che mai si sarebbe immaginata. D’altronde non era nel suo carattere fare grandi progetti, ma piuttosto essere totalmente attenta al momento presente con un «eccomi» continuamente ripe- tuto alla volontà di Dio, che si manifesta nell’ordinarietà.

Per fede, con la preghiera e il lavoro, gli antichi e … cadenti edifici vennero adattati alla vita monastica, sempre sotto la spinta dell’urgenza, perché il Signore benediceva la piccola, coraggiosa comunità e al primo nucleo si aggiunsero ben presto nuove sorelle decise a servire il Signore nel silenzio e nella solitudine. Gli anni di fondazione furono carichi di tanta, sovrabbondante grazia e l’Isola deserta diventò ben presto oasi di ristoro per molti cercatori di Dio, bisognosi di luce e di conforto che sentivano di poter ricevere condividendo il silenzio e la preghiera della comunità. A motivo del suo rapido sviluppo, il priorato «Mater Ecclesiæ» già nel 1979 fu eretto ad abbazia e il 9 luglio il vescovo Aldo Del Monte la riconfermò, con la benedizione abbaziale, nel servizio di maternità assunto fin dall’inizio della fondazione. «Questo titolo, che mi confermava la fiducia della Chiesa, mi faceva sentire ancor più “sproporzionata” al compito che mi era stato affidato, ma sapevo che, come sempre, potevo contare sull’aiuto di Dio. Infatti,come afferma l’Apostolo, è sulla nostra debolezza che Dio manifesta la sua potenza! Mi veniva incontro anche il versetto del salmo 117 (118) che mi accompagnava dalla fanciullezza: “Mia forza e mio canto è il Signore” (v. 14)».

Con piena dedizione, la Madre svolse il servizio dell’ascolto e della “parola”, con la lectio divina quotidianamente offerta durante la Liturgia cui diede in assoluto il primato, con gli scritti e con una vastissima corrispondenza, sempre scritta a mano, anche quando, avanzando negli anni, questo le costava non poco sacrificio per i dolori articolari e per gli occhi che faticavano a vedere… Gracile di costituzione, non godettemai ottima salute, a partire da quando, prima del suo ingresso in monastero, il medico di famiglia si chiedeva se poteva onestamente rilasciare l’attestato di “sana e robusta costituzione”. Ed ella prontamente: «Sì, perché il Signore è la mia forza». E lo fu realmente, innanzitutto nella guida della comunità che crebbe fino a dar vita a due priorati e a portare aiuto ad altri monasteri; lo fu anche nelle dure prove fisiche, che non le mancarono mai, ma che sempre attraversò come un ramoscello che si piega senza spezzarsi alle raffiche delvento e poi si rialza, rafforzato nel suo vigore. Quanto peso hanno portato le sue spalle, silenziosamente! E noi ci sentivamo pecorelle al sicuro, sempre ricercate nei nostri smarrimenti, sempre sollevate dalle nostre cadute, sempre accolte con instancabile misericordia e grande speranza. Lentamente l’abbiamo vista incurvarsi, indebolirsi, far fatica a camminare…

Lo scorso anno, il mattino del Lunedì Santo – 27 marzo – non è riuscita a venire in Coro per mattutino. Di giorno in giorno l’abbiamo vista aggravarsi e, non senza nostra sorpresa, il Giovedì Santo, raccogliendo tutte le sue forze, è scesa in Capitolo per il rito della lavanda dei piedi. In ginocchio, con gesti di rara intensità nell’estrema debolezza ha lavato e baciato i piedi a dodici sorelle, come a dire all’intera comunità. Poi, ha voluto consumare la cena pasquale con noi in refettorio: gesto delicatissimo di chi sa che potrebbe essere davvero l’ultima cena. Al mattino di Pasqua è ancora venuta in Capitolo per il consueto scambio degli auguri. Ma in quel momento non era “consueto”: è stato un dono inatteso che ha, per così dire, moltiplicato la gioia pasquale. Gioia purissima, unita a grandissima trepidazione. Noi tutte abbiamo temuto chestesse per lasciarci. Solo Lei – e noi quasi pensavamo fosse ignara della sua situazione – si stupiva della nostra trepidazione e parlava di vita e di giovinezza. Il giorno del suo compleanno, 24 aprile, i primi segni di ripresa, lenta ma visibile, pur nella continua debolezza che non la lascerà più. «Mi è croce la mia debolezza...» ha scritto in quei giorni nel suo quaderno di poesie/preghiere. Eppure, in quella debolezza quanta luce e quanta vigilanza! In quei mesi ha maturato nel suo cuore il suo motto abbaziale, vero specchio della sua vita – humiliter amanter, umilmente amando – e il motto della nostra Comunità, altro dono prezioso e indicazione di vita: Funda nos in pace. Durante l’estate, poi, ci ha radunate in Capitolo per comunicarci la decisione di lasciare l’esercizio attivo dell’abbaziato. Ormai la mancanza di forze non le permetteva più di sostenerne fisicamente il peso, ma questa decisione – ha detto – non è per un congedo, bensì per un più intenso impegno nel continuare a cam- minare insieme servendo il Signore con piena fedeltà al Vangelo e alla nostra Santa Regola. Il motto riguardante il mio servizio – Humiliter amanter – sfocia in quello della comunità: Funda nos in pace. È amando umilmente, intensamente impegnandosi insieme nel costruire e custodire la pace, che si realizza nel quotidiano la santa volontà di Dio. Con lei abbiamo ancora vissuto la bella festa del 45o di fondazione (11 ottobre), i commoventi momenti dell’elezione e benedizione abbaziale (9 novembre e 10 febbraio): davvero si siamo sentite fondate nella pace.

Ma ormai le condizione della nostra «Madre Fondatrice» – il nostro intrepido Mosè con le braccia della preghiera sempre levate – si facevano sempre più critiche e l’affaticamento sempre più grande. Ormai cominciava a sentire che giungeva la sua “ora”. Non poteva più respirare senza l’ossigeno, ha avuto bisogno di essere assistita giorno e notte, meglio notte e giorno, perché era la notte ad intimorirla di più. E la nostra presenza accanto a Lei le dava sollievo. Fino all’ultimo, ha seguito tutte le celebrazioni dalla sua cella, sempre unita con la comunità, sempre presente con il cuore e con l’offerta della sua sofferenza. La sera del 20 marzo abbiamo comunitariamente recitato il santo Rosario accanto a Lei. Si vedeva che andava declinando. Ma ha ancora ascoltato tutta la Liturgia della festa del Transito di San Benedetto, dalle Vigilie fino alla santa Messa. Poi…, mentre tutte eravamo radunate, il Signore l’ha chiamata e Lei ha risposto, dolcemente, molto dolcemente, il suo ultimo Eccomi, quell’Eccomi di piena e dolce disponibilità con cui era solita rispondere ad ogni chiamata, perché sempre riconosceva la voce del Signore. «Secondo il desiderio espresso in una delle sue ultime preghiere, – scrivono la Madre Abbadessa e la Comunità Monastica – si tenne «pronta per il nuziale incontro». Le sia concesso, chiusi gli occhi alla luce di questo mondo, trovarsi immersa nella luce beatificante di Dioa contemplarne il Volto in tutto il suo splendore. L’accompagni la nostra filiale preghiera di suffragio, mentre ci è di conforto il sentire ancora la sua viva e materna presenza tra di noi, infinitamente grate al Signore che l’ha donata e che – ne siamo sicure – le concederà di rimanere con noi tutti i giorni, sostenendoci nel nostro pellegrinaggio che continua ora con più matura fede e viva speranza, nel desiderio di portare avanti l’opera da Lei iniziata a gloria di Dio e a servizio dei fratelli»