Guardiamo alla luce sfolgorante di Cristo, di fronte alla notte oscura del mondo

Cari amici,

di fronte alla notte che pervade il nostro piccolo mondo e che gli eventi di questo tempo rendono più buia… di fronte alla notte delle nostre illusioni quotidiane, dalle quali troppe volte siamo ammaliati… di fronte alla notte della morte, che ci visita inaspettatamente… di fronte alla notte del nostro peccato, che fatica ad essere rischiarata dalla luce della misericordia del Signore… vogliamo, invece, guardare, in questo giorno santissimo, alla Luce che rischiara mediante l’esultanza angelica, annunciando la nascita del Salvatore: «E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». (Lc 2,13-14)

La terra di ieri come la terra di oggi sembra non avere niente da dire e da dare. Questa è una significazione terribile per noi, uomini. Questo è altrettanto terribile, se gli Erodi di ogni tempo e di ogni luogo,  imperano con la violenza e il sopruso, e si fanno chiamare pure benefattori dell’umanità. Questo è ancora più terribile, se coloro che, come ministri ordinati,  sono preposti alla guida delle comunità per mandato divino, non sanno più riconoscere il tempo e il luogo, ove avviene la nascita del Cristo Salvatore. Solo il Cielo parla, invece, con l’angelico canto degli angeli per annunciare la nascita del Salvatore: «E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».

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Ma la nostra notte, anche la più oscura, nonostante tutto, contiene in sé stessa l’eco di un’antica profezia. Questa è tratta dal libro della Sapienza e rincuora noi credenti, perché ci assicura la fine dell’iniquità. Scriveva, infatti, l’antico agiografo, già un secolo prima di Cristo: «Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile e, fermatasi, riempì tutto di morte; toccava il cielo e aveva i piedi sulla terra.Tutto il creato fu modellato di nuovo nella propria natura come prima, obbedendo ai tuoi comandi, perché i tuoi figli fossero preservati sani e salvi.». (Sap 18,14-16; 19,1) Infatti, anche la nostra notte più oscura è investita dalla misericordia dell’Onnipotente, che «non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi», (Sap 1,13) ma che, al contrario, annuncia: «è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini». (Tt 2,11)

Se, dunque, la terra tace, perché tutto sembra perduto, appare, invece, nella pienezza dei tempi, la luce del Signore. È una luce che non viene né da noi né dalla terra, ma che ci visita come «sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace». (Lc 1,78-79) È una luce che viene dall’Unigenito Figlio di Dio, in cui è «la vita e la vita» ed essa è «la luce degli uomini». (Gv 1,4) Perciò, raccogliamo questa luce e tutti deponiamo questa notte, con «l’empietà e i desideri mondani» e apriamoci alla speranza di questo fulgore soprannaturale, che ci rischiara e ci dà la vita. È una luce – ne siamo certi – che vince la notte oscura, poiché «la luce splende nelle tenebre», anche se «le tenebre non l’hanno accolta». (Gv 1,5) È «la luce vera, quella che illumina ogni uomo». (Gv 1,9). Infatti, «a quanti l’hanno accolta, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati». (Gv 1,12-13)

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Al centro di questa luce sfolgorante, c’è un solo evento, che è «pieno di grazia e di verità». (Gv 1,14) Gli angeli ce lo annunciano così: «Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». (Lc 2,12) Questo è il messaggio che mai ci stanchiamo di riudire ogni anno in questo giorno santissimo del Natale. L’evangelista Giovanni lo pone all’inizio del suo vangelo in tutta la sua sconvolgente prospettiva e pesando le parole, gravide di significazione, proclama l’inconcepibile dono «il Verbo si fece carne e pose la sua dimora fra di Dio». (Gv 1,14) Dio entra, dunque, in questa terra muta, con tutta la sua energia vitale, mentre la terra, questa terra, resta muta e attonita, non avendo nulla più da dire. Dio, che osiamo chiamare Abbà, papà, si rivela in modo insuperabile e definitivo. La sua Parola creatrice si è fatta carne. La sua Parola si è fatta carne per salvarci riconciliandoci con Dio. La sua Parola si è fatta carne perché noi così conoscessimo l’amore di Dio. La sua Parola si è fatta carne per essere nostro modello di santità. La sua Parola si è fatta carne perché diventassimo partecipi della natura divina. Il mistero del suo amore era indicibile, ineffabile, ma da quel giorno santissimo del Natale, nella pienezza dei tempi, diventa a nostra portata. Infatti, la sua Parola si fa piccola da stare in un bimbo. La sua Parola si fa piccola da stare in una mangiatoia. La sua Parola si fa piccola da stare in un pezzo di pane eucaristico. (cfr. Bernardo di Chiaravalle)

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Per questo riascoltiamo volentieri le parole degli angeli che, lodando Dio, ne proclamano la gloria. Questo inno, il Gloria che, nato col Natale, si è esteso a tutte le domeniche dell’anno, diventa l’invito rivolto agli uomini a proclamare la bontà di Dio. Gli angeli esaltano Dio perché in Gesù Cristo ha glorificato il suo nome dinanzi a tutta la moltitudine dell’esercito celeste, mandando nel mondo il proprio Figlio come Salvatore, per portare la pace agli uomini, oggetto del suo tenero amore. Questa gloria, di cui si parla, indica lo splendore della Divinità di Cristo, che si manifesta nella potenza che attua la salvezza. Questa pace, che ne viene, corrisponde al dono che è il Messia, che donato da Dio, elargisce gratuitamente il perdono dei peccati, dona la riconciliazione, offre l’unica salvezza possibile a tutti noi. Questo amore, di cui tutti gli uomini – e sottolineo tutti –sono destinatari da parte di Dio, rivela la benevolenza e la gratuità di Dio.

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Questa gloria allora niente altro è se non già anche la Pasqua di Gesù, che opera già inarrestabile nella mangiatoia a Betlemme. Il bambino divino contiene la realizzazione delle promesse di Dio che, spiegando la potenza del suo braccio, disperde i superbi nei pensieri del loro cuore e innalza gli umili. (Lc 1,57) Ma questa gloria diviene così anche l’inno di resurrezione che proclamano non più solo gli angeli e le donne che di buon mattino si recarono alla tomba vuota, ma anche tutti i redenti dal sangue dell’agnello, che ora giace nella mangiatoia, ma già è pronto per essere sacrificato sull’altare della croce, per fare dell’umanità il nuovo Israele, redento e segnato nel suo sangue. Ecco, dunque, che la nostra letizia da natalizia diventa pasquale, e proclama con il «Gloria», anche l’inno dei redenti: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra». (Ap 5, 9-10)

Si, ora e solo ora, anche «La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio; il nostro Dio, ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra» (Sal 66)

Amen! Alleluia! Buon Natale a tutti!

Vostro,

padre Marco