Maria Santissima, segno di consolazione e di sicura speranza. Omelia per l’Assunzione della Vergine al Cielo

Miei cari,
come una brezza fresca che soffia leggera in una giornata piena di luce giunge a noi a metà estate la solennità dell’Assunzione di Maria Santissima e ci ristora in questo cammino verso la Gerusalemme Celeste, meta alla quale siamo tutti invitati.
Tre spunti vi offro per la vostra personale meditazione.

1.     Maria, segno di speranza e sicura consolazione
Il primo lo ricavo dalla seconda lettura di oggi (1Cor 15,20-26) che ci dona il contesto nel quale racchiudere questa verità di fede. L’apostolo Paolo ci dice che l’assunzione di Maria in corpo ed anima è causata dalla Resurrezione e Ascensione al Cielo di Cristo. Paolo, infatti, ci attesta chiaramente che Cristo «è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti». Notiamo il termine usato dall’apostolo, “primizia”; esso indica nel suo significato etimologico il “primo manifestarsi di qualcosa e che darà frutti seguenti”. Nel caso nostro, esprime che quanto è accaduto a Gesù, la sua Resurrezione e Ascensione alla destra del Padre, è destinato ad accadere a tutti i suoi discepoli. Prima fra tutte la Vergine Maria, Colei che preservata da ogni colpa originaria, Immacolata Concezione, partecipa pienamente, per i meriti del Figlio Suo, alla gloria della Resurrezione, senza attendere come noi la fine del tempo. Come si dice nel prefazio di questo giorno santo il corpo di Maria non ha conosciuto la corruzione del sepolcro, ma al contrario Dio lo ha fatto risplendere per noi, pellegrini sulla terra, «come un segno di consolazione e di sicura speranza». Se, infatti, Gesù non fosse risorto, se si fosse putrefatto in una tomba, Egli non sarebbe il nostro salvatore! Sarebbe solamente – ahinoi!- un maestro di vita, di cui cerchiamo di ricordare gli insegnamenti, ma che non ci sarebbe di grande aiuto, poiché noi saremmo soli di fronte al nemico della nostra felicità, la morte, che «pareggia tutte le erbe del prato». In Maria Assunta alla gloria del Cielo, Risorta cioè, invece, contempliamo il dono della Vita eterna, che sarà elargita alla fine dei tempi anche a tutti coloro che, come la Vergine, hanno accolto, custodito e fatto fruttificare la vita divina donaci col Battesimo. Infatti, l’apostolo dichiara, apertis verbis, che «tutti riceveranno la vita in Cristo». Dunque, «rallegriamoci ed esultiamo tutti nel Signore»!

2.     Fede, speranza e carità: i motori del desiderio di Dio in ogni uomo
Se questo è il contesto che spiega la solennità odierna e ci fa rendere grazie nuovamente al Signore, nel Vangelo (Lc 1,39-56) ci è mostrato il modo con raggiungere questa meta finale: la fede unità alla carità che porta alla speranza. L’evangelista Luca narra, infatti, che immediatamente dopo l’annunciazione, «Maria si mise in viaggio». La fede di quella umile fanciulla di Nazareth la portava alla cugina Elisabetta non già per verificare la verità delle parole dell’angelo, bensì per condividere con la cugina Elisabetta la gioia della divina maternità, che in Elisabetta, «che tutti dicevano sterile» è, invece, miracolosa; infatti, attesta l’evangelista Luca, che «nulla è impossibile a Dio»: nulla è impossibile a Colui che ha scelto come partner di dialogo l’uomo errante su questa terra, arso dal desiderio di Infinito. Questo desiderio noi lo chiamiamo fede, speranza, carità e queste tre virtù unite fanno della nostra vita un cammino o, meglio, un pellegrinaggio. Ma c’è un rischio. Infatti, il pellegrinaggio racchiude in sé l’insidia che esso si possa trasformare in un continuo vagabondaggio. L’uomo–pellegrino ha una meta; l’uomo–vagabondo non ha nessuna meta. L’uomo–pellegrino ha una direzione; l’uomo–vagabondo non ne ha nessuna. Che cosa, dunque, significa che la fede, la speranza e la carità ci mettono in movimento o in viaggio? Niente altro che queste virtù ci donano la certezza che la vita abbia un senso e un orientamento; niente altro che la fede e la speranza ci fanno già pregustare la gioia della quiete del porto, anche in mezzo alle tempeste della navigazione della vita. Maria, dunque, si mette in viaggio, mossa da queste virtù, verso la cugina Elisabetta, avanti negli anni e impreparata alla imminente gravidanza. Maria, consapevole, va in suo aiuto, pur già gravida dell’Eterno che in Lei prende forma mortale. La fede mette in atto la carità e le dà il volto della speranza.

3.     La meta finale già certa: la vittorio sul male
Infine, nella prima lettura, tratta dal libro dell’Apocalisse (Ap 11,19; 12,1-6.10) che – sia detto per inciso – non è affatto il libro della fine del mondo ma, al contrario, del senso finale di tutto il creato, possiamo vedere in profondità come avvenga il cammino dei credenti, il cammino della Chiesa verso il traguardo finale, significato dall’apertura dei cieli e dall’apparizione del grande segno dell’alleanza di Dio con l’uomo: «una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle». Questo cammino avviene nel contesto di un grande scontro: quello fra la nascita di una vita nuova da una parte («la donna era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto») e dall’altra del potere della distruzione («allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra»). È un potere terribile: «Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito». Ma «la donna… fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio». La donna, ivi descritta, è non solo Maria Santissima, che dona al mondo il Salvatore, ma al contempo è la Chiesa stessa che, mediante la grazia dei Sacramenti, per divino mandato, dona la salvezza e la vittoria di Dio già fin d’ora. Il deserto è biblicamente il luogo dell’essenziale, in cui l’uomo, non ottenebrato dal superfluo, portando con sé solo il necessario può udire distintamente la voce di Dio, che gli parla e gli fa compiere l’esodo della Pasqua: quella cioè di passare dalla condizione servile del peccato alla grazia della libertà di figlio di Dio; un rito continuo, che dai tempi dell’esodo dall’Egitto si continua a compiere oggi nella coscienza di ciascuno, il luogo in cui si manifesta dolcemente la voce dell’Assoluto, che invita ogni credente liberamente al passaggio dall’offerta agli idoli alla mano provvidente di Dio, dal peccato alla grazia. Per conseguire alla fine quanto scrive il veggente, autore del testo dell’Apocalisse: «Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo».
Dunque, buona Pasqua a tutti! Buona Pasqua nel Signore Risorto e Asceso al Cielo! Buona Pasqua in Maria Santissima, glorificata e coronata regina del cielo e della terra dal Figlio Suo Benedetto! Buona Pasqua ad ogni uomo e donna che anela a risorgere con Cristo, dal peccato alla grazia e si lascia accompagnare maternamente dall’Assunta, Segno di Consolazione e di Sicura Speranza!
Vostro Padre Marco.