La preghiera dell’Angelus. Omelia per l’Annunciazione del Signore 2020

Miei cari,

oggi la Liturgia ci invita a far memoria dell’Annunciazione del Signore, cioè del momento in cui Gesù Cristo, «pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce» (Filippesi 2,6-8).

Il mistero dell’Incarnazione, che commemoriamo nel Natale, si unisce al Mistero della Redenzione, che celebriamo nella Pasqua. Nella liturgia, in questo modo sapiente, il ciclo cosiddetto del santorale si unisce a quello temporale. Così, come in un’istantanea fotografica, cogliamo nel suo insieme, credendolo, il secondo mistero fondamentale della nostra fede: Incarnazione-Passione-Morte-Resurrezione.

A ricordarcelo è la preghiera popolare dell’Angelus, che tre volte al giorno con il suono delle campane viene commemorata al mattino, a mezzogiorno, alla sera. La si definisce popolarmente “il suono dell’Avemmaria”. Ma il suo significato quotidiano è quello di rimandarci al mistero dell’Incarnazione-Passione-Morte-Resurrezione. In un certo senso sono gli Angeli della Notte santa di Betlemme e gli Angeli del mattino della Pasqua che lo annunziano e lo ripetono nelle nostre case: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Luca 2,14) e «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete» (Matteo 28,5-7). Ammirabile stupore!

Non so se tra voi vi sia la buona abitudine di recitare l’Angelus. Questo tempo ce ne dà l’occasione per rimetterla in uso e poi, finita questa quarantena, non lasciarla cadere nel dimenticatoio.

Ecco, dunque, lo spunto per commentare il Vangelo della solennità odierna e riprendere la buona abitudine di recitare l’Angelus.

1. «L’angelo del Signore portò l’annuncio a Maria. Ed Ella concepì per opera dello Spirito Santo» (Lc 1,26).

L’evangelista Luca dice in sintesi molte cose. Da un lato afferma che è storico che il Figlio di Dio si è incarnato e per questo è diventato per noi la salvezza, l’unica; dall’altro ci dice ciò che è chiarito nella coscienza di Maria nel momento finale del dialogo con l’Angelo: che Gesù, concepito direttamente dall’azione dello Spirito Santo, è Figlio di Dio ad un titolo speciale ed unico. Luca esprime in questo modo la sua fede e quella della Chiesa dei primi Cristiani.

2.«Eccomi sono la serva del Signore. Si compia in me la tua parola» (Lc 1,38).

È l’accettazione di Maria, strettamente legata alla rivelazione contenuta nel dialogo con l’Angelo, al segno offerto, all’affermazione finale di Gabriele: «Nessuna cosa, infatti, è impossibile a Dio» (Lc 1,37). Il fiat, cioè il sì accetto, della Vergine sgorga dalla sua fede, resa ormai trasparente e penetrante; questa fede è fondata sulla certezza che Dio è fedele alle sue promesse (Lc 1,32ss); questa fede è comprovata dal fatto che la Parola di Dio è efficace in ordine alla salvezza e che, con la sua presenza misericordiosa, egli ha visitato il suo popolo (Lc1,35).

3.«E il Verbo si fece carne. E venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).

All’evangelista Luca, protagonista della liturgia di oggi, si succede in questa preghiera l’evangelista Giovanni, con cui si chiude questa preghiera. La parola «carne», nel linguaggio della Bibbia, definisce l’uomo nella sua condizione di debolezza e di destino mortale. Che cosa vuole evidenziare Giovanni? Il contrasto tra Gesù nella sua condizione divina e la carne nella sua condizione umana. Notiamo ancora: Gesù «si fece», non «divenne», perché, pur rimanendo Dio, Gesù cominciò anche ad esistere nella sua nuova condizione umana, debole e temporale. Infatti, «abitò fra noi».

Di fronte a questo mistero dell’Incarnazione – annuncio centrale dell’Angelus – si resta in adorazione, meditando sul senso della continua incarnazione del Figlio di Dio nel tempo. Ecco il significato delle parole che preghiamo.

4. Poi, la preghiera prosegue con una invocazione: Prega per noi, santa Madre di Dio. Perché siamo resi degni delle promesse di Cristo; e si conclude un’orazione: Infondi nel nostro spirito la tua grazia, Signore; tu che all’annunzio dell’Angelo ci hai rivelato l’Incarnazione del tuo Figlio, per la sua Passione e la sua Croce guidaci alla gloria della Risurrezione. Queste costituiscono un atto di fede dei contenuti evangelici che si sono pregati nell’Angelus; ma pure un atto di fede nell’intercessione della Madre di Dio e atto di speranza nella salvezza, in virtù dei due principali Misteri della nostra santa religione ricordati: l’Incarnazione del Figlio di Dio e la sua Passione, Morte e Risurrezione.

Ecco in sintesi il tutto.

Come vedete, la pietà popolare, nel tempo in cui la più parte delle persone era analfabeta, non ha disdegnato di offrire i passi fondamentali della Sacra Scrittura in forma essenziali, memorizzabile facilmente, pregabile quotidianamente.

Non disperdiamo questo immenso tesoro a noi consegnato!

Buona giornata!

Vi abbraccio e vi benedico,

Vostro Padre Marco

Novara, 25 marzo 2020, Annunciazione del Signore

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Post Scriptum.

Ecco l’intera preghiera e come recitarla tre volte al giorno:

L’Angelo del Signore portò l’annunzio a Maria. Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo.

un’Ave Maria

Eccomi, sono la serva del Signore. Si compia in me la tua parola.

un’Ave Maria…

E il Verbo si fece carne. E venne ad abitare in mezzo a noi.

un’Ave Maria…

Prega per noi, santa Madre di Dio. Perché siamo resi degni delle promesse di Cristo.

Preghiamo. Infondi nel nostro spirito la Tua grazia, o Padre; Tu, che nell’annunzio dell’angelo ci hai rivelato l’incarnazione del Tuo Figlio, per la Sua passione e la Sua croce guidaci alla gloria della risurrezione. Per Cristo nostro Signore.

Gloria al Padre… (3 volte)

L’Eterno riposo… (1 volta)